Storia

STORIA DEL CIRCOLO ANARCHICO ETTORE BONOMETTI

Gli anarchici bresciani furono sempre presenti nelle lotte sociali, sia come individui che come gruppo. A memoria di chi scrive, il gruppo si organizzò verso il 1912, favorito dalla costituzione dell’Unione Sindacale Italiana (U.S.I.) di ispirazione libertaria, per il forte numero di anarchici che la costituirono. L’U.S.I., infatti, riscosse presto molti consensi fra i lavoratori delle fabbriche cittadine ed in alcune anche della provincia; ciò favori lo sviluppo propagandistico e la maggior conoscenza popolare degli ideali anarchici. In campo sindacale figurava all’avanguardia la fabbrica di fiammiferi (trasferitasi a Magenta), situata in via N. Tommaseo, dove poi ebbe sede la Elettrotecnica Palazzoli. La fabbrica di fiammiferi fu pilota qualche volta anche in campo nazionale alle lotte degli sfruttati, poiché le sue maestranze (circa 200 occupati) aderivano tutte all’U.S.I. ed i lavoratori accettavano spesso il sistema libertario che i fiammiferai proponevano alle lotte, disobbedendo talvolta alle direttive della C.G.L, (sindacato di ispirazione marxista). Nel 1919 il gruppo anarchico bresciano svolse un’attività intensa durante l’occupazione delle fabbriche ed i suoi componenti lottarono nel contempo a viso aperto contro le provocazioni del nascente fascismo e contro la persecuzione dell’autorità, per cui furono processati, condannati, imprigionati ed inviati al domicilio coatto ed al confino politico, mentre molti furono costretti ad emigrare in paesi più ospitali per sfuggire alle persecuzioni. Le repressioni antianarchiche del 1924 e del 1926 (leggi speciali) portarono in galera ed al confino molti anarchici bresciani, di quelli che erano rimasti a lottare. Cosi, la presenza degli anarchici bresciani nella Resistenza fu molto limitata; comunque, degli anarchici si aggregarono alle formazioni partigiane che operavano sui monti del bresciano, mentre i più anziani prestarono la loro preziosa opera di collegamento, di informazione e di assistenza solidarista coi partigiani operanti.

[L’anarchico Bortolo Ballarini ebbe la sua casa in Bazena – a quota 2000 – due volte bruciata dai nazifascisti, che l’avevano individuata come un rifugio dei partigiani. A Gardone V.T. operavano Grazioli e Camozzi; a Pezzase Bregoli; a Marmentino Sorio; a Cogno Bonomi; a Edolo Ricchini; a Toscolano Andreoli; a Verolavecchia Barezzani… e forse altri in altre località, di cui non ho avuto notizie.]
Terminato il secondo macello mondiale, il gruppo anarchico bresciano si ricostituì e ricominciò la propria attività propagandistica (diffondendo giornali, riviste, opuscoli e libri, e promuovendo conferenze e dibattiti), partecipando alle lotte sociali proletarie. Ma la comprensibile euforia popolare del dopo guerra, la non meno comprensibile disinformazione voluta dai ricostituendi organi ed istituti dello stato, oltre la confusione ideologica che i nuovi dirigenti politici erano interessati a mantenere per meglio esercitare il loro potere, ricondusse il proletariato a massificarsi nei grossi partiti tradizionali e nelle grandi centrali sindacali, rinunciando in tal modo alla partecipazione diretta per la ricostruzione della nuova società, come almeno l’aveva proposta la Resistenza armata. Agli anarchici mancarono i mezzi adeguati per sostenere da soli la loro lotta coerente dell’antiautoritarismo e della responsabilità dell’individuo in ogni propria manifestazione personale o sociale.
E nemmeno l’eruzione contestataria del 1968 seppe trovare la giusta direzione emancipatrice, poiché l’azione confusa e contingente – seppur generosa – dei giovani, fu subito contenuta, dirottata e castigata nella fioritura groppuscolare dell’extraparlamentarismo, caratterizzata dallo stesso spirito di sopraffazione che distingue comunque l’autoritarismo nelle persone che tendono alla conquista e all’esercizio del potere.
[Cosi a Brescia si è formato, trasformato, sciolto e ricomposto un gruppo di giovani anarchici, che però si lasciavano spesso attrarre nel l’orbita di qualche gruppo extraparlamentare. E posso dire che dopo otto anni di esperienza diretta, i giovani rimasti – di quelli che si sono avvicendati – nel gruppo anarchico, stentano ancora ad imboccare la strada indicata dalla radicata convinzione di operare coerentemente coi principi anarchici tradizionali, anche se qualche volta questi giovani producono delle cose pregevoli ed interessanti.
Mentre il gruppo degli «anziani» si assottiglia per la morte di qualche suo componente, senza che i giovani dimostrino quel tanto di comprensione solidarista e collaborativa coi «matusa», come questi ai loro tempi hanno saputo invece dimostrare quando erano giovani, nei confronti dei loro compagni più esperti.
Dei vecchi compagni deceduti, del gruppo anarchico bresciano, cercherò di ricordare qualche nominativo:
Angelo Alberti, operaio meccanico, ottimo propagandista anarchico ed uomo d’azione, costantemente perseguitato dalle autorità e dai fascisti.
Silverio Avigni, disegnatore, buon propagandista anarchico dai i accenti poetici.
Ettore Bonometti, calzolaio, la sua bottega (via Milano 22/A) è sempre stata un ritrovo di antifascisti. Fu costretto ad espatriare, ma rientrato in Italia fu sottoposto a sorveglianza speciale, perseguitato, processato, imprigionato ed assegnato al confino politico (Isole Tremiti).
Ernesto Bonomini, ottimo propagandista anarchico ed uomo d’azione, fu costretto a rifugiarsi in Francia; nel 1924 a Parigi uccise il gerarca fascista Nicola Bonservizi.
Bonomini vive tuttora negli USA.
Dante Borghi, buon militante, un poco appartato, operava nell’organizzazione del Teatro Grande. Alfredo Compari, operaio artigiano, ottimo e generoso militante e interessato alla vita del gruppo e del movimento.
Mario Conti, buon militante ed uomo d’azione, cadde assassinato dai fascisti in un agguato.
Leopoldo Facchini, calzolaio, uomo d’azione fu spesso presente al fianco del proletariato in lotta, negli scontri contro la polizia ed i fascisti.
Leardo Faustinelli, maestro di lavoro, profondo studioso del pensiero stirneriano.
Luigi Guerini, tramviere, molto attivo nella propaganda e nella diffusione della pubblicistica anarchica.
Giuseppe Migliorati (maöla), operaio, uomo d’azione; nel 1920 fu condannato perché «antò» (lo stesso Migliorati giocava sul significato dialettale: vantò) le guardie regie. Infatti dalla loggia della «curt dei pulì» scaraventò le ante di una finestra sui carrozzoni delle guardie, che passavano nel sottostante corso Mameli.
Lanfranco Pensotti, operaio, poi artigiano, fu un anarchico meticoloso specie nei rapporti sociali con le altre persone.
Carlo Riva, operaio, poi artigiano, subi la persecuzione autoritaria e del fascismo; si dimostrò sempre generoso nell’aiutare le attività del gruppo.
Pietro Salvati, piastrellista, fu molto attivo nella vita del gruppo.
Andrea Scaglia, operaio, buono ma deciso; fu attivo soprattutto nelle lotte in fabbrica.
Rizieri Spagna, operaio di origine mantovana, si trasferì a Brescia per ragioni di lavoro; partecipò alle attività del gruppo, cui lasciò i suoi risparmi.
Pietro Zanetti, calzolaio, buon militante anarchico, fu perseguitato o dai fascisti e dalle autorità.]
Dopo la liberazione, diversi compagni – per ragioni attribuibili ad una convinzione superficiale negli ideali anarchici – si avvicinarono ai partiti di massa o abbandonarono completamente ogni attività di impegno sociale; qualcuno aderì anche al PSI o al PCI. Comunque, il gruppo anarchico bresciano si qualificava meglio, raccogliendo lusinghieri consensi alle proprie attività – pur limitate – che poteva svolgere; quindi fu sempre sostenuto da numerosi simpatizzanti[, tra i quali è doveroso ricordare Ettore Borelli, socialista, che amava definirsi socialista- libertario (partecipò infatti a diversi congressi anarchici ed a qualche riunione del gruppo locale). Nel 1950 autorizzò ad esporre sulla sua casa la lapide commissionata per voto del consiglio comunale il 28/10/1909, che ricorda il martirio di Francisco Ferrer. Detta lapide trovò una sua prima sistemazione sulla casa di via fratelli Lombardi (angolo piazzetta del Vescovato), poi fu tolta dalla congiura oscurantista clerico-fascista ed abbandonata in un magazzino comunale, dove fu ritrovata, ripulita e riesposta appunto sulla casa di Borelli, in via Sebino 40, dove si trova tuttora.]

Tratto da Commentario Popolare (1977) di Ivan Guerrini


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Ci permettiamo di aggiungere poche ed indubbiamente lacunose righe sulla storia della presenza anarchica nel bresciano, dagli anni ottanta del ‘900 sino ad oggi, con l’auspicio che queste siano integrate e modificate dalla memoria di altri individui che incrociarono nella propria vita la bellezza dell’ideale anarchico.
Dai racconti raccolti da chi scrive, la presenza anti-autoritaria nella città assunse un nuovo dinamismo con, dalla fine degli anni ’60, un ciclo di iniziative di propaganda degli ideali libertari nel tessuto cittadino.
Di quegli anni (1965) fu la rottura a livello nazionale della Federazione Anarchica Italiana, con la nascita dei G. I. A. (Gruppi d’Iniziativa Anarchica, caratterizzati da una maggiore attenzione alla centralità dell’individuo e meno ad un’organizzazione di sintesi che a volte sembrava involvere in dinamiche centraliste). Alla costituzione di questa nuova associazione federativa contribuì molto la figura di Ivan Guerrini e, in generale degli anarchici bresciani, da sempre contraddistinti per l’attenzione alla libertà e alle specificità di ogni individuo nella lotta sia politica che economica.
In questo periodo nacque in città, oltre al Circolo “Bonometti” (sito inizialmente nel quartiere operaio di Campo Fiera e poi trasferitosi nella sede attuale), il Gabinetto Libertario di Lettura “Oscar Panizza”.
Negli anni ’80 e nei primi anni ’90, l’attività del gruppo si intersecò, e si divise caratterizzandosi in senso libertario, nel periodo della nascita del movimento autonomo, segnato con la nascita dei centri sociali.

Distinguendosi dalle tendenze autioritarie e marxiste che, come nella maggior parte d’Italia, avevano egemonizzato quest’esperienza, a Brescia alcuni membri del gruppo contribuirono all’esperimento di una nuova occupazione di uno stabile contro il percorso di legalizzazione degli spazi occupati (“la Pantegana”) e all’apertura e alla contaminazione con il movimento Punk e con gli spazi occupati al di fuori e in opposizione al circuito isituzionale (l'”Inferno Occupato”, la “Cascina Margherita”, il “PCB52”, ecc…). Estremamente significativa fu la pubblicazione della rivista “Gramigna”.

Sempre negli anni ’90 e fino al 2010 rinacque nella città ed in provincia l’esperienza del sindacalismo libertario, combattuto soprattutto nel settore delle poste e del commercio (nel negozio “Ikea”).
Nello scorso decennio, furono permeati da forti connotati libertari il Comitato Spontaneo Contro le Nocività, la lotta contro la costruzione della discarica d’amianto di San Polo e uno “sportello casa” come USI-AIT (Unione Sindacale Italiana) nel quartiere di Sanpolino. Significativi furono anche gli spezzoni autoorganizzati libertari negli imponenti cortei dei migranti degli anni 2000.
Quello avvenuto negli ultimi dieci anni è storia recente.